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Ibm: serve l’ecosistema per innovare

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Gaia Fiertler

Con un investimento da oltre 40 milioni di euro in nove anni, Ibm Studios diventa il centro d’innovazione del colosso del software e dei sistemi cognitivi con tecnologia Watson, in un “luogo” nuovo di 4mila metri quadri nel centro di Milano, che si pone come catalizzatore per imprese, associazioni territoriali, istituzioni, università, centri di ricerca, sviluppatori e studenti che vogliano contribuire all’innovazione del nostro Paese. Catalizzatore per il cosiddetto “ecosistema”, senza il quale oggi non sembra più possibile innovare davvero.

Per fare innovazione oggi ci vuole il network, un ecosistema di soggetti e competenze, dal ricercatore all’imprenditore, dalla rete di imprese ai vendor tecnologici, che insieme sviluppino soluzioni e applicazioni tecnologiche per far stare al passo della trasformazione digitale le nostre imprese.

Un approccio “open” che democratizza lo stesso processo innovativo, non più solo appannaggio delle grandi aziende dotate sì di risorse, ma in genere con tempi lunghi di approvazione, ma che si estende a una rete diffusa di imprese, di start up veloci che fanno da volano e di opportunità di collaborazione tra soggetti diversi, che un tempo non avrebbero dialogato tra loro.

Nascono anche “luoghi” nuovi, fisici e non, dove stimolare e aggregare interessi, metodologie e far accadere le cose. Nei Cloud Garage di Ibm, per esempio, che ora hanno il loro posto fisico presso gli Ibm Studios in piazza Gae Aulenti a Milano, si svilupperanno insieme al cliente soluzioni sui temi del Cloud, dell’intelligenza artificiale, dell’IoT e degli Analytics. In pratica si entra con una idea o un bisogno e si esce con un prototipo da testare, una soluzione da sviluppare, un percorso di evoluzione verso il Cloud, privato, ibrido o multicloud, progettato per fasi, da realizzare gradualmente con il supporto degli esperti di Ibm. La metodologia usata è quella agile e del design thinking.

Parte di una rete di hub fisici aperti in tutto il mondo, il Garage stimola le aziende, di ogni tipo e settore, a dare corpo all’innovazione. Favorendo da un lato la collaborazione tra product manager, architetti software e professionisti, dall’altro sviluppando strategie e prototipi su modelli pubblici e ibridi di Cloud, sfruttando anche il potenziale dell’intelligenza artificiale e dei dati.  

«Viviamo un momento storico senza precedenti in cui le tecnologie esponenziali possono semplificare i processi burocratici, favorire l’efficienza, tracciare i prodotti Made in Italy, offrendo così linfa al rapporto di fiducia con i consumatori», spiega Enrico Cereda, presidente e AD di Ibm Italia.

«Oggi siamo in grado di offrire nuova energia a ogni settore e sostenere il lavoro di qualunque professionista con soluzioni di intelligenza aumentata, frutto della collaborazione tra persone e tecnologia. Per facilitare l’obiettivo era necessario un luogo iconico tra la gente, al piano terra come le botteghe degli artigiani, per far comprendere quanto sia importante il ruolo dell’innovazione e accelerare lo sviluppo delle competenze, necessarie in un Paese che deve trasformare il gap in opportunità e recuperare in termini di produttività». Le attività legate al digitale, in Italia, sono ancora sotto la media europea, rappresentando il 5% del pil, contro la media europea del 6,6% e l’8% della Germania.

Un’altra area fisica dell’Ibm Studios è lo Strategy&Design Lab che, guidato dai consulenti direzionali di Ibm, accompagna manager e imprenditori a ripensare i propri modelli di business. L’approccio è quello di co-progettazione, open innovation e design thinking, tenendo conto dell’impatto combinato che intelligenza artificiale, robotica, automazione, internet delle cose, blockchain e 5G avranno sugli standard di architettura di business.

L’area Client ha invece l’obiettivo di avvicinare le imprese, di qualunque settore e qualsiasi dimensione, al processo di trasformazione digitale grazie alla disponibilità delle tecnologie più avanzate come intelligenza artificiale, blockchain e cloud, che si potranno toccare con mano con dimostrazioni pratiche.

L'impegno Ibm nel Competence Center

Ibm è anche partner del Competence Center Made che, guidato dal Politecnico di Milano, sarà effettivamente operativo per inizio 2020, mentre i primi bandi di ricerca sono previsti per fine estate. I competence center sono un esempio di pubblico-privato, che dovrebbe essere virtuoso nell’accompagnare e accelerare la trasformazione digitale del mondo manifatturiero il quale, ha tenuto a precisare il presidente Marco Taisch, «supera il 50% del Pil se si calcola l’indotto della logistica, manutenzione, finanza. Per ogni euro generato direttamente, ce ne sono infatti 2,5 di indotto».

Come partner, Ibm contribuirà a mostrare con le sue soluzioni le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, come la sensoristica e l’Internet delle Cose in ambito di sicurezza e di risparmio energetico. C’è un gran fermento di iniziative volte a fare massa critica e a favorire il sistema dell’innovazione con iniziative aggregative e di filiera.

L'importanza di "fare ecosistema"

Il presidente del gruppo Meccatronici di Assolombarda e presidente dell’Associazione Fabbrica intelligente Lombardia (Afil), Diego Andreis, per esempio, ha ribadito il valore di “luoghi” dedicati all’innovazione per liberarsi da logiche superate e ha sottolineato la necessità di estendere la base degli attori dell’ecosistema, coinvolgendo le pmi e prendendo a modello le medie e le grandi imprese.

A giugno, per esempio, Afil ha lanciato una call per costituire delle Strategy Communities (invio candidature entro il 31 luglio), gruppi di lavoro su temi specifici del digitale, dai carrelli automatici Agv alla stampa 3d in fabbrica, ai robot collaborativi e a quanto possa spingersi l'interazione uomo-macchina e al riappropriarsi della sua umanità da parte dell'operatore.

La condizione necessaria è che i gruppi comprendano almeno un attore industriale, insieme a centri di ricerca e/o università e ad associazioni, per sviluppare insieme progetti di ricerca nell’ambito del manifatturiero avanzato lombardo. I partenariati dovranno essere composti da un minimo di tre organizzazioni lombarde rappresentative del mondo dell’industria e della ricerca/università.

Gli obiettivi di Afil sono di integrare la comunità regionale attorno a un tema specifico, che sia strategico per il manifatturiero regionale e che sia in grado di qualificare la Lombardia come un’eccellenza a livello internazionale (34 mila aziende solo in Lombardia, che rappresentano il 30% dell’export pari a 60 miliardi di euro), e di supportare le aziende, piccole, medie e grandi, nell’aumentare la propria competitività e nella capacità di fare filiera. Quindi, ancora, contribuire all’internazionalizzazione delle imprese, partecipando a filiere interregionali e farsi portavoce presso la Regione Lombardia delle necessità del manifatturiero avanzato.

 

 

 

 

 

 

Ibm: serve l’ecosistema per innovare - Ultima modifica: 2019-07-01T11:17:11+02:00 da Gaia Fiertler