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Una people strategy per l’impresa digitale

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Gaia Fiertler

A che punto è il digital journey delle risorse umane in Italia? Con una survey su 187 HR executive di aziende operanti in Italia, l’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano fa il punto sulla trasformazione digitale in corso, portando l’attenzione sui concetti di agilità (“Agile Transformation: così si allenano le organizzazioni per il futuro”), digital strategy, people strategy e tecnologie sempre più intelligenti e d’uso comune.

Dentro la cornice di una digital strategy che accompagni le imprese nella trasformazione dei modelli organizzativi e di business, per ora adottata da due aziende su tre, sta crescendo la consapevolezza della necessità di una people strategy che guidi le persone verso il cambiamento, con gli strumenti e le competenze per affrontare le sfide della trasformazione digitale.

Ad oggi poco più di un’impresa su due, il 54%, ha definito un piano di sviluppo del capitale umano di questo tipo, ma è una direzione ormai presa e in netta crescita rispetto al 35% dello scorso anno.

Coerentemente, diminuiscono le organizzazioni che si dichiarano non interessate, che scendono al 9%, mentre il restante 37% affronterà la people strategy nel corso del 2019.

«La Direzione HR è l’allenatore dell’organizzazione del futuro, ma deve partire da una visione chiara e condivisa delle priorità di evoluzione del business e avere il supporto di tutte le persone e delle direzioni chiave dell’impresa», afferma Fiorella Crespi, direttore dell’Osservatorio HR Innovation Practice.

«Il compito degli HR executive è quello di traghettare l’organizzazione verso il cambiamento fornendo strumenti e competenze e, soprattutto, attuando una strategia focalizzata sullo sviluppo delle persone e delle loro capacità».

Crescono gli investimenti HR in tecnologie

Oltre una direzione su due quest’anno spenderà di più in digitale: il 20% stanzierà fino al 20% in più, l’8% oltre il 20% e il 24% meno del 10%. Il 42% degli HR, invece, manterrà gli investimenti invariati e soltanto il 6% li diminuirà.

Saranno soprattutto investimenti in formazione e sviluppo delle competenze digitali, ma anche in altre attività dove le nuove tecnologie la faranno da padrone: employer branding, selezione del personale, comunicazione interna, welfare e gestione del clima aziendale, valutazione delle performance, definizione delle politiche retributive e stili di leadership, amministrazione e budget del personale e, infine, disegno organizzativo e gestione del personale.

Le competenze digitali sono la seconda priorità per gli HR italiani, dopo quella di una nuova organizzazione del lavoro. Tra le iniziative in corso per intercettare il know-how e le skill che servono, spiccano la collaborazione con start-up e università (56%), le attività per sviluppare competenze digitali specifiche (47%), progetti focalizzati sulla cultura digitale (47%), politiche indirizzate alla ricerca e selezione di nuovi profili (46%), percorsi di supporto al management per acquisire maggior consapevolezza sull’impatto del digitale (43%), piani di riqualificazione e rafforzamento delle competenze (41%), attività per lo sviluppo di competenze digitali soft (35%) e sistemi di valutazione del divario di competenze digitali in azienda (25%).

Le difficoltà più frequenti nell’intercettare i profili richiesti sono una rinnovata guerra dei talenti, la complessa integrazione con le professionalità già presenti e trovare sul mercato percorsi di formazione specifici per riqualificare il personale interno (35%).

Le tecnologie più diffuse in ambito social sono i social network non professionali per iniziative di employer branding e recruiting, presenti nel 45% delle imprese, con punte del 55% tra le aziende agili (42% nelle imprese tradizionali). In aumento, ma ancora poco diffuso, è l’utilizzo della gamification per coinvolgere di più candidati e dipendenti, in uso nel 18% del campione e prevista nel corso dell’anno nel 17% delle aziende, con una forbice di ben dieci punti tra aziende agili (26%) e tradizionali (16%).

Il mobile si usa soprattutto per la formazione: quasi una su due ha adottato strumenti di micro-learning per l’apprendimento continuo, percentuale che sale al 64% nelle realtà agili e scende al 43% in quelle tradizionali. Mentre app per il feedback costante e il dialogo tra manager e collaboratore e sistemi per supportare i neoassunti in azienda sono ancora poco utilizzati (rispettivamente 19% e 14%), ma in crescita nel 2019. Sono notevoli le differenze tra aziende agili e non: il 45% delle prime sta già usando sistemi per il feedback continuo, contro il 12% delle seconde e il 24% sta già impiegando app per supportare i neoassunti, contro l’11% delle seconde.

Cresce l’impiego di soluzioni di intelligenza artificiale, in particolare sistemi di recommendation, che indirizzano preferenze, interessi e decisioni dell’utente sulla base di informazione fornite da quest’ultimo, per la scelta dei contenuti formativi (19%) o dei servizi di welfare (16%). Gli strumenti su cui, invece, si punterà nel 2019 sono i chatbot, assistenti virtuali per attività amministrative e per la selezione (16%, già usati dal 9% delle aziende), compreso lo screening dei curricula con algoritmi di analisi semantica (20%, già impiegati dal 10% del campione).

Aumentano anche i data analytics a supporto dei processi HR, presenti in un’azienda su due, in particolare per monitorare il livello di assenteismo (29%), le performance di collaboratori e neoassunti (24%) e il turnover (21%). Sono invece ancora poco diffuse iniziative per migliorare l’engagement delle persone (17%), ad esempio identificando dove e come intensificare lo sforzo aziendale nella gestione delle persone e a supporto della definizione di una mappa delle competenze su cui costruire i piani di carriera (11%).

Identikit delle aziende agili che trainano con la gamification

Le aziende agili sono più veloci a cambiare e ad adattarsi ai nuovi scenari. Riconfigurano più rapidamente strategie, struttura, processi, persone e tecnologie, perché hanno introdotto nuovi modelli organizzativi, più flessibili e disintermediati nelle relazioni di lavoro tra pari e tra capo e collaboratore, con le informazioni che circolano più velocemente, c’è meno rigidità gerarchica che rallenta i flussi di comunicazione e le fasi di approvazione, la vista sulle condizioni del mercato è più rapida e sono più veloci le prese di decisione.

In queste aziende il livello di ingaggio, coinvolgimento e soddisfazione dei dipendenti è il triplo rispetto a quello delle strutture tradizionali: ben l’85% si dichiara motivato e coinvolto, contro il 31% dei dipendenti delle imprese tradizionali.

Le direzioni HR sono consapevoli di questa urgenza e la principale sfida per il 2019 è proprio il cambiamento nei modelli di organizzazione del lavoro (45%), seguito dallo sviluppo di cultura e competenze digitali (43%) e da employer branding e attrazione dei talenti (41%).

Ma solo una su cinque sta effettivamente introducendo un modello organizzativo agile, lavorando in maniera coerente su struttura, processi e practice, cultura e stili di leadership, competenze e apertura all’ecosistema. Le altre seguono un modello “tradizionale”, fondato su specializzazione, supervisione, linearità e stabilità dei confini interni ed esterni.

Entrambe le tipologie di imprese danno priorità all’investimento nelle competenze, mentre sono più indietro sulla costruzione di relazioni e collaborazioni con l’ecosistema esterno.

«La trasformazione verso modelli organizzativi più agili è un passaggio che tutte le realtà dovranno compiere per poter affrontare il futuro», afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice.

«Questa evoluzione, però, non può essere calata dall’alto né essere troppo rapida, ma è un percorso di allenamento che richiede il coinvolgimento di tutta l’organizzazione. La ricerca evidenzia come la maggior parte delle organizzazioni sia ancora all’inizio di questo percorso e come, ad oggi, abbia ancora modelli organizzativi lontani dagli approcci agili. Anche le stesse organizzazioni agili devono però mantenersi in costante allenamento per non perdere quella elasticità e resilienza al cambiamento che rappresenta il loro principale punto di forza».

Infine, due aziende su tre hanno già iniziato a delineare una strategia digitale, con il 34% che ha optato per una pianificazione di lungo periodo e il 33% che preferisce un approccio adattivo, che prevede la costante ricerca di nuove opportunità da selezionare, sviluppare e riadattare rapidamente. Il 29%, invece, non ha ancora definito una strategia digitale, ma è interessato a farlo e solo il 4% è disinteressato.

 

 

 

 

 

 

Una people strategy per l’impresa digitale - Ultima modifica: 2019-06-21T12:34:14+02:00 da Gaia Fiertler