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Incubatori: trend in crescita, ma sempre in coda in Europa

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Gaia Fiertler

Presentato al Politecnico di Torino il terzo report sull’impatto degli incubatori e acceleratori in Italia e in Europa. Un trend in crescita come strumento di supporto allo sviluppo di nuove aziende e startup innovative per portare l’innovazione sul mercato, ma sempre secondi allo sviluppo del fenomeno negli altri Paesi europei. Sono 284 gli incubatori in Francia, 274 in Gran Bretagna e altrettanti in Germania. In Italia siamo a quota 197, più vicini alla Spagna che ne ha 215.

Il trend è in crescita, più della metà (54,1%) sono nati a partire dal 2013, anno che ha avuto un’accelerazione per probabile effetto del Decreto Crescita 2.0 che, incentivando le startup innovative, ha favorito anche i servizi dedicati, come la consulenza e gli incubatori. Nel 2018 ne sono stati creati 8 (+15,2% sul 2017), soprattutto al Sud e nelle isole (+21%).

Oltre il 60% si trova nel Nord Italia (1 su 4 è in Lombardia) per un totale di circa 1.100 dipendenti e un fatturato di circa 390 milioni di euro. La media dei fatturati si aggira intorno ai 2 milioni di euro (+52% rispetto al 2017), ma la crescita è dovuta soprattutto a un ridotto numero di incubatori di grandi dimensioni.

La mediana, infatti, è pari a 350 mila euro di fatturato per incubatore. I ricavi derivano soprattutto dall’erogazione di servizi agli incubati (24,4%) e da attività come contratti di consulenza (23,7%) e affitti (23%), mentre i ricavi ottenuti dagli investimenti sono meno rilevanti per gli incubatori (7%). Rispetto al 2017 sono aumentati i ricavi per sussidi e bandi (19%), mentre sono diminuiti quelli derivanti dagli affitti, anche se sono ancora una delle principali fonti di guadagno.

Le due maggiori voci di costo sono la gestione della struttura (compresi i servizi generici) e i servizi di accompagnamento imprenditoriale e tecnici, come l’assistenza legale, amministrativa e contabile (34,6% e 33%). I costi di formazione alle società incubate, invece, incidono per circa il 22,8%.

L’analisi è stata svolta dal team di ricerca Social Innovation Monitor (Sim) con base al Politecnico di Torino, in collaborazione con Italia Startup e Pni Cube e il supporto di Banca Etica, Compagnia di San Paolo, Experientia, Impact Hub Milano, Incubatore Imprese Innovative Politecnico Torino (I3P), Instilla, Iren, Make a Cube3, SocialFare e Social Innovation Teams.

Identikit delle startup incubate

Il numero delle startup incubate in Italia è passato da circa 2.400 a circa 2.800 nel 2018 (+15%) e circa il 70% degli incubatori ha supportato al massimo 20 team imprenditoriali.

Il 40% delle startup incubate opera in servizi di informazione e comunicazione, il 27% riguarda attività professionali, scientifiche e tecniche e il 19,4%, quasi una su 5, opera nel settore manifatturiero, come la stampa 3D. 

Il 62,4% degli incubatori è di natura privata, il 15,2% è invece di natura pubblica, gestito esclusivamente da amministrazioni o enti pubblici, spesso tramite la creazione di società «in-house» e il 22,4% ha natura ibrida. Sono presenti 18 incubatori corporate, cioè legati a imprese di grandi dimensioni e 27 incubatori universitari.

Angelo Coletta

«Gli acceleratori e incubatori italiani, commenta Angelo Coletta, presidente di Italia Startup, svolgono un ruolo cruciale di scouting, di accelerazione e di accompagnamento delle giovani imprese innovative, soprattutto nella fase di avvio. Il nostro auspicio, tra gli altri, è che il Fondo Nazionale Innovazione abbia particolare attenzione nei confronti di questi importanti attori dell’ecosistema italiano, diffusi capillarmente sul territorio e concentrati soprattutto nella delicata fase di primo sviluppo delle startup italiane».

Il 48% sono business incubator, il 38% mixed incubator e il 16% social incubator, che registrano un aumento significativo di realtà impegnate nella protezione dell’ambiente (da 28 a 72 nell’ultimo anno) e, a seguire, Salute&Benessere (38) e Cultura, arti e artigianato (31).

Più della metà degli incubatori, ad ogni modo, supporta organizzazioni a significativo impatto sociale (51,9%). Come offerta di servizi, le startup ritengono più rilevanti i servizi amministrativi e legali, la formazione e il supporto nella gestione della proprietà intellettuale e la valutazione dell’impatto sociale, che non gli spazi fisici, i servizi condivisi e lo sviluppo di relazioni e tecnologie.

I finanziamenti ricevuti dalle organizzazioni incubate nel 2018 sono cresciuti notevolmente, passando dagli 1,18 milioni di euro ai 3,30 milioni di euro (+179%).

Un quarto degli incubatori ha investito nelle proprie aziende incubate, anche se si è registrato un calo rispetto al 2017, passando dal 36,8% al 26,9%. Nessun incubatore pubblico ha quote societarie all’interno, mentre i mixed incubator (tra business e social) sono quelli che hanno investito maggiormente. Un quinto del totale investe in capitale di rischio. Di questi, la grande maggioranza (il 71,4%) acquisisce le quote societarie grazie a investimenti monetari in capitale di rischio, mentre circa uno su sei grazie a prestazioni e servizi alle organizzazioni incubate.

Oltre la metà, il 57,2%, acquisisce le quote societarie grazie al work for equity, strumento di remunerazione e incentivazione del lavoro svolto da dipendenti, amministratori e collaboratori con quote o azioni della società. Gli incubatori che hanno investito ritengono molto più rilevante l’offerta di servizi amministrativi, legali e giuridici, rispetto a quelli che non hanno investito che danno più valore all’offerta degli spazi e dei servizi condivisi.

In circa il 44% delle startup incubate il fatturato non supera i 25 mila euro e il 68% non ha un fatturato superiore ai 100 mila euro. Analizzando quelli superiori ai 500 mila euro, emerge che in più dell’86% dei casi sono minori di 2 milioni e solo in 4 casi si superano i 2 milioni di euro.

Incubatori: trend in crescita, ma sempre in coda in Europa - Ultima modifica: 2020-02-14T16:33:06+01:00 da Gaia Fiertler