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New deal: la scommessa della formazione ibrida

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Gaia Fiertler

Le aziende promuovono a pieni voti la formazione a distanza, ne fanno una delle condizioni per continuare a erogare didattica, ma ora si aspettano soluzioni ibride per la diffusione delle competenze necessarie alla situazione: gestione della crisi, rischio, cambiamento, leadership, innovazione, digitalizzazione e automazione e capacità progettuale e commerciale. La scommessa della formazione nella quick survey della Camera di Commercio italo-germanica, in collaborazione con Comet e con Anitec-Assinform

Non solo smart working in dosi massicce, ma anche molto più accesso alla formazione online durante il lockdown, sia come ricerca individuale in rete, sia come erogazione aziendale su piattaforma. L’84% degli intervistati ha partecipato a corsi a distanza, su cui tra l’altro ha dato riscontri positivi. In una scala da 1 a 10, il 27% ha assegnato un punteggio di 8, il 24% 7, il 18% 6, il 13% 9 e solo il 9% 5, insomma la formazione a distanza ha avuto la piena sufficienza dalla maggioranza delle aziende.

Tuttavia, come soluzione ottimale ora il 60% degli HR e dei manager intervistati si aspetta soluzioni ibride tra didattica teorica a distanza e moduli pratici e interattivi in presenza. È quanto emerge nella quick survey realizzata tra il 25 maggio e il 19 giugno 2020 della Camera di Commercio italo-germanica (AHK Italien), in collaborazione con il cluster Comet del Friuli Venezia Giulia e con Anitec-Assinform, nell’ambito del progetto di cooperazione bilaterale digITALIA.

In pratica, da un lato le aziende non vogliono rinunciare al valore aggiunto dell’aula, soprattutto per acquisire nuove abilità comportamentali e relazionali (solo per il 10% l’efficacia dell’apprendimento a distanza sarebbe la stessa di quella in aula), ma riconoscono i vantaggi dell’online per flessibilità e risparmio di tempo e risorse (43%).

Così, quello che sta accadendo è una sperimentazione e una riflessione metodologica, che sta portando a valorizzare il meglio delle due modalità, in una versione ibrida che delega allo studio individuale, con materiali digitali, la parte più tecnica e nozionistica e concentra invece in presenza, o in aule virtuali sincrone, gli aspetti di problem solving e di acquisizione di competenze con l’allenamento e le esercitazioni di gruppo. A questo tema è dedicata un’ampia sezione nel fascicolo Industrie 4.0 in uscita a novembre, con testimonianze di business school, aziende, formatori e società di recruiting.

Il gap di competenze sottolineato dall’emergenza

La necessità di erogare formazione sulle competenze digitali e gestionali è riconosciuta come una priorità per oltre il 70% dei rispondenti. In questo modo per la metà delle aziende resterà pressoché invariato il budget per la formazione già pianificato per il 2020 -2021 e, nel 35% dei casi, avrà un incremento. In particolare, per l’83% sono previsti interventi formativi entro la fine dell’anno (58%) e per il 2021 (24,5%), oltre i corsi di formazione obbligatoria. 

«Alle imprese servono coraggio e determinazione nel continuare a puntare sul capitale umano in un’ottica di lungo termine, anche in momenti di crisi dove spesso prevalgono scelte orientate al breve periodo. Alla costanza da parte delle aziende deve però affiancarsi continuità nelle scelte politiche. Sugli ITS, per esempio, occorre continuare a puntare con decisione e lungimiranza per consolidare il sistema», commenta il consigliere delegato della AHK Italien, Jörg Buck.

I gap di competenze riscontrati dalle 100 aziende intervistate tra pmi e grandi soprattutto nel settore meccanico, nella manifattura in genere e nella consulenza/formazione/HR, competenze considerate prioritarie anche per la ripresa, sono la gestione della crisi, del rischio e del cambiamento (36% durante il lockdown, che diventa il 41,5% nelle fasi successive), progettazione e commerciale (37% prima e 47% dopo), digitalizzazione e automazione (38% prima e 33% dopo), soft skill (22% versus 27% successivo) e aspetti legislativi e amministrativi/lingue/social media (3% versus 1%).

Le condizioni che favoriranno di più la formazione continua dei dipendenti sarà la disponibilità di finanziamenti da parte di istituzioni e fondi interprofessionali per il 62% delle aziende, la disponibilità della formazione online (38%), l’utilizzo di risorse interne (programmi di mentoring e academy aziendali), formazione oltre l’orario lavorativo (13%), garantire un minimo di permanenza in azienda da parte dei collaboratori formati ad hoc (8,7%). 

Saverio Maisto

«A causa dell’emergenza, i processi di digitalizzazione sono entrati in modo ancora più importante in tutte le nostre attività, non ultimi i processi produttivi e amministrativi delle aziende. In realtà si sono velocizzati processi che comunque sarebbero accaduti, verificandosi in poche settimane anziché in mesi o forse anni. Non possiamo farci sfuggire l’occasione di trasformare la necessità di accelerare la digitalizzazione in un’opportunità di crescita per le nostre imprese e, per fare ciò, è necessario investire adeguate risorse sulla formazione, sulla professionalità e sullo sviluppo di nuove competenze», aggiunge Saverio Maisto, direttore di Comet, il cluster della metalmeccanica del Friuli Venezia Giulia, un comparto che comprende 3.800 aziende manifatturiere e impiega 58.000 collaboratori.

I contenuti della formazione: progettazione, commerciale, digitale e soft skill 

I contenuti didattici su cui quindi si focalizzeranno le aziende del campione sono: 

  1. area progettuale-commerciale, come project management, business development, marketing e customer service (30%) 
  2. formazione tecnica e Industria 4.0 in fabbrica (24%) 
  3. digitalizzazione, automazione dei processi, IoT e gestione dati (20%) 
  4. soft skill e trasversali (19%) 
  5. formazione specifica per ruoli (17%), 
  6. smart working, lingue, organizzazione aziendale (13%), 
  7. gestione della crisi, rischio, cambiamento, leadership e innovazione (12%)
  8. formazione manageriale e dei responsabili di funzione (10%).
Maria Rita Fiasco

«Per uscire da questa crisi economica che ha radici lontane nel tempo, occorre puntare sulla nostra prima ricchezza: le persone. Dobbiamo, cioè, mettere in campo strategie, strumenti e risorse per dotarci delle nuove competenze necessarie a uscire dall’emergenza costruendo basi solide e durature.

Servono non solo nuovi investimenti pubblici e privati, ma anche tutte le capacità tecniche e manageriali perché questi possano tradursi in crescita economica e benessere per i cittadini», conclude Maria Rita Fiasco, vicepresidente Anitec-Assinform e coordinatrice del Gruppo di lavoro “Skills per la crescita d’impresa”.

New deal: la scommessa della formazione ibrida - Ultima modifica: 2020-10-21T16:55:34+02:00 da Gaia Fiertler